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L’interpretazione dei sogni e l’interpretazione dei segni

Scritto da Giancarmine Nolè il .
Pubblicato in: crescita-personale

Accade che tutte le mattine quando mi sveglio cominciano ad apparire nella mia mente in una serie di pop up tutti gli impegni che mi aspettano nella giornata che sta per cominciare.

E contestualmente accade che comincio a chiudere quelle finestre per provare a pensare ai progetti che riguardano me, alle cose che mi possano far stare bene e cerco di ricadere in me stesso per non perdere quella magia che respiro quando la mia mente non è ancora inquinata dal traffico delle richieste incontrollate.

Purtroppo accade spesso che tutti i programmi vengano sistematicamente sovvertiti a favore delle emergenze. Altrui. Però finalmente sono diventato bravo a far diventare me stesso la priorità della mia giornata.

Ho cominciato ad interpretare i miei sogni.

Ci pensavo da un po’ anzi da troppo tempo. Poi ho cominciato. Ho semplicemente iniziato a farlo. È quella che chiamo la cultura del fare. Devi semplicemente cominciare ad agire, ho detto a me stesso. E se sei nella stessa condizione è davvero un buon consiglio.

Quando qualcosa ti va storto, quando sei arrabbiato per qualcosa, quando ti sembra di non vedere una soluzione, comincia ad agire, comincia a fare. Potrai anche sbagliare ma non sarai in errore. Comincerai a confrontarti con situazioni pratiche, comincerai ad avere feedback che ti consegneranno elementi da valutare e che ti diranno se sei nella direzione giusta o al peggio se dovrai cominciare a correggere per migliorare. Ma sicuramente ti sarai messo sulla strada di una soluzione.

 E lì sarà già in atto la tua rivoluzione personale. Io l’ho fatto.

Ho cominciato ad interpretare i segni.

Francesco Guccini canta in una sua opera che le “crisi sono segni di qualcosa dentro che sta urlando per uscire”. Un’espressione che mi ha sempre fatto pensare. Positivamente.

C’è qualcosa di buono in quella voglia di esplodere, è un segno positivo è l’aspirazione a qualcosa di diverso da quello che sei e che non ti sta più bene addosso. E allora cambia, non devi chiedere il permesso a nessuno. Trasformati, avverrà con il tempo, sarà un processo lento ma tu hai il dovere di innescarlo di partire e non importa se tutto non è perfetto.

E poi pensaci se non ci provi non saprai mai se può funzionare. Tanto se non funziona sei dove sei non è accaduto nulla di eclatante.

Ti dirò come faccio io. La prima mezz’ora della mia giornata è un momento di pace, so che forse sarà l’unico così assoluto. Mi sento autorizzato a star bene in quel momento perché nessuno ha il diritto di interrompere il mio pensare. E poi ho la sensazione di essere in vantaggio sul mondo, soprattutto su quello che dorme.

Dopo questo momento, mi impongo che l’arrivo in studio non diventi una sequenza catastrofica di emergenze. Il mondo sopravvivrebbe anche senza la mia presenza.

A questo proposito l’esercizio che ho cominciato a fare è pensare che se all’improvviso sparissi da un momento all’altro nessuno se ne preoccuperebbe. Dopo i primi 5 minuti di stupore si cercherebbe una soluzione alternativa per sostituirmi e risolvere le emergenze personali.

Questo ragionamento mette ogni cosa nella luce giusta e ti fa vivere e lavorare meglio: ogni cosa va programmata e ogni emergenza altrui può attendere.

Riparti ogni giorno anzitutto da te stesso. Io l’ho fatto e funziona davvero.